Dopo averlo conosciuto come autore raffinato di “Anima parlante”, una antologia di racconti dal significato profondo, Alessandro Vaglio ci stupisce con il suo lato finora nascosto di poeta e ci propone una raccolta di pregevoli versi.
Diciannove poesie, diciannove porte socchiuse su diciannove stanze comunicanti di uno stesso edificio, dove si consuma una vivida e struggente ricerca sospesa tra tagliente lucidità e pura visionarietà; un fluido itinerario che sembra quasi ricondurre al punto di partenza con la sola tangibile certezza che quanto anelato continua a sfuggire, lasciando spazio ad una sola inespugnabile dimensione, quella dell’assenza come unica eredità esistenziale. Nonostante questo, però, il sentimento e l’autenticità impressi in ogni verso di questa raccolta di poesie rendono questo passaggio da una stanza all’altra un assoluto e doveroso sforzo teso ad una possibile e insperata liberazione dell’anima, alla luce strenua dell’indissolubilità temporale in cui sono immerse e sancite certe unioni. Ed ecco allora che ogni assenza cessa di contare e solo ciò che si prova nel profondo rimane a segnare ogni visita, ogni incontro, ogni cammino.
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