Enea, chiamato alle armi nel 1942 e catturato in Grecia dai tedeschi dopo l’otto Settembre 1943, conosce gli orrori della prigionia, la schiavitù del lavoro nella Ruhr e l’incubo della fame. Nella sua personalità emerge, tratto distintivo dell’influsso archetipico ermetico, l’acume di uno spirito di osservazione che arriva fino agli sfumati contorni della realtà intima; la capacità di focalizzare all’istante il particolare decisivo delle circostanze gli vale la salvezza nel calvario delle peripezie; l’attitudine allo sguardo interiore gli permette di penetrare nel profondo degli accadimenti. Il filo conduttore sotteso all’elaborazione letteraria, interseca il vissuto di Enea con attinenti riferimenti mitologici, linguaggio simbolico del richiamo archetipico che informa la matrice psichica collettiva. Ermes salvifico, la giara di Ares, la ferita di Telefo, le pietre di Deucalione, il viaggio agli inferi di Psiche, il ratto di Persefone sono luoghi del mito che arricchiscono il passaggio dell’esperienza di Enea di un contenuto universale. La sua vicenda umana viene raccontata in tono aneddotico grazie ad un distacco temporale in grado di stemperare l’impatto angosciante dei ricordi.
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